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Tg del Campus di Biennale Democrazia – Terzo giorno

Prosegue il racconto di Biennale Democrazia fatto dai giovani che stanno vivendo il Campus di Via Asti. Nel tg il racconto della terza giornata.


Processo alla telepolitica

Edoardo Novelli mette sotto processo la politica televisiva chiamando a difenderla, in un teatro Carignano pienissimo, Giovanni Floris. L’impresa è ardua ma lo sforzo del giornalista di Ballarò è apprezzabile. I principali capi d’accusa sono l’assassinio del discorso politico, il sequestro del leader, l’adulterazione del dibattito politico a fini spettacolari e l’indebita appropriazione della rappresentanza da parte della tv. Le prove che Novelli porta al cospetto di Floris sono spezzoni di video delle teche Rai delle Tribune Elettorali e di vari dibattiti politici ai tempi in cui la televisione era fatta di parole, pause e pacatezza. A dominare erano le ideologie e i politici erano a disagio davanti alla telecamere e c’era una certa reticenza nel fare della tv uno spettacolo. È evidente il parallelo con la situazione odierna in cui a dominare sono le immagini, un linguaggio spesso aggressivo e banalizzante, la spettacolarizzazione del dibattito politico e la messa in scena del privato.

Floris difende strenuamente il suo lavoro, il giornalismo televisivo sottolineando come la tv non sia la causa dell’impoverimento culturale bensì l’effetto. Il vero problema in Italia sarebbe piuttosto un problema di mercato, ovvero la presenza del duopolio Rai-Finivest, in questo momento riconducibile ad un’unica personalità, e la conseguente mancanza di pluralismo. Per Floris la televisione non va demonizzata. Va anzi utilizzata riconoscendone la potenzialità democratica di raggiungere i grandi pubblici. Il tentativo deve essere quindi piuttosto quello di utilizzarla per cambiare, per costruire un medium diverso, per diffondere un’informazione e una cultura diversa, per un Paese diverso.


Potere del web, potere nel web

Terzo giorno di incontri della Biennale Democrazia 2011, i ragazzi incontrano De Martin, Tremolada, Ferraris e Infante al teatro Gobetti per discutere di libertà nel web e strumenti di controllo, metodi per essere critici, per valorizzare e comprendere internet.
Se un Paese decidesse di staccare la spina a internet anche solo per poche ore, quel Paese collasserebbe poiché, tramite la rete, al giorno d’oggi si controlla ogni cosa: economia, trasporti, comunicazioni e commercio.
Con queste parole il professor De Martin apre il dibattito sul potere del web e nel web, come internet abbia cambiato il volto del mondo negli ultimi anni e di come sia un fenomeno sempre più in crescita, infatti il prossimo G8 che si terrà a maggio avrà come tema il potere di internet.
Nonostante la sua crescita esponenziale, in Italia il 45% delle persone non ha mai usato un computer a causa di un disinteresse e un ignoranza verso le nuove tecnologie, infatti si è diffusa la repulsione se non la paura di usare e affidarsi a mezzi ormai essenziali come Internet.
Esistono pareri discordanti riguardo alla utilità del web, alcuni sostengono che possa essere un mezzo per diffondere e affinare idee e pensieri in tutto il mondo, alcuni invece vedono la rete come un ennesimo mezzo di controllo globale, infatti è stato dimostrato che ogni singolo accesso e ogni singola operazione fatta da un utente è registrata. In questo modo si viene a creare un nuovo sistema di padroni e sudditi.
Il professore di filosofia e teoretica Ferraris afferma che internet è al giorno d’oggi assolutamente un bene da usare e da sfruttare poiché, avendo una rete globale così vasta, è possibile legare pensieri e idee di persone molto distanti tra di loro. Internet è insomma un mezzo per unire le masse. L’esempio più eclatante e più recente è il cosiddetto “Risorgimento Nord-Africano†in cui tutte le rivolte esplose in Tunisia, Libia, Egitto sono state possibili grazie al massiccio impiego di social networks come Facebook e Twitter.
Per quanto riguarda il lato negativo di internet si può parlare del fatto che ogni accesso alla rete e ogni impiego di essa sia controllato è quindi ovvia la domanda: Internet è libero o è un altro mezzo di potere e controllo?
Di certo “il potere deve essere disinnescato ma non abbattuto†, sostiene Infante, infatti bisogna usare internet e tutti i social networks per impedire che siano loro a usare noi. Usarli per non subirli.

 


Tessere la rete della democrazia

Peter Gomez, direttore del Fatto Quotidiano online, dopo 25 anni di giornalismo tradizionale ha scelto la rete per fare informazione.
La specificità del web per Gomez sta innanzitutto nella potenzialità partecipativa: la possibilità di commentare, contestare, aggiungere, contraddire. “Se hai qualcosa da dire dilla sul Fatto quotidiano†vorrebbe diventare il motto della testata online.
Ovviamente però bisogna avere il coraggio di affrontare il dialogo aperto coi propri lettori e questo non è poi così scontato. Soprattutto in Italia dove Internet è ancora poco diffuso per ragioni principalmente economiche e politiche.
La rete, infatti, agevola la diffusione gratuita di contenuti, che spesso sono gli stessi della tv. Mediaset, ad esempio, proprio per questa ragione è in causa con Google per difendere i suoi programmi dalla diffusione su Youtube. È invece illecito ogni tentativo di limitare il diritto di cronaca, rivendicando i diritti anche su brevi spezzoni di programmi che hanno l’intento di criticare o svelare ‘bufale’.
Un altro punto a favore del web è l’impossibilità di nascondere le notizie, grazie alla molteplicità delle fonti e dei canali, in questo senso i social networks svolgono un importante compito nella condivisione e la diffusione delle notizie.
Infine la rete si differenzia dalla carta stampata e dalla tv in quanto capace di tenere memoria degli articoli, grazie alla presenza degli archivi online.
Un aspetto negativo, invece, è la diffusione di bufale che possono avere una certa risonanza, ma è vero anche che la stessa rete finisce per cancellare.
Concludendo quindi Internet non può essere, secondo Gomez, un mezzo di distruzione di massa come la televisione in quanto contiene in sé gli anticorpi per i suoi stessi mali.
Il web è quindi il medium più democratico, ma sebbene sia positivo il diffondersi di forme di giornalismo partecipato, è necessario che rimangano sacche di giornalismo professionistico, garante di un informazione completa e documentata.


Sveglia dal campus del 15 Aprile

Stamattina la sveglia mattutina è stata annullata, a causa della tragica notizia riportata dalle agenzie dell’omicidio a Gaza di Vittorio Arrigoni.

Stay Human!


Fanzine radiofonica 15 Aprile

Il resoconto della giornata di ieri andato in onda su RadioFlash oggi alle 13:00.

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La neolingua

Breve anticipazione della registrazione dell’incontro “La neolingua”.

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Risorgimento e Antirisorgimento

Uno tra gli appuntamenti più attesi della terza giornata di Biennale Democrazia 2011 si è svolto alle 16:30 nella suggestiva cornice offerta dal teatro Carignano.
Gustavo Zagrebelsky introduce una lectio magistralis di Paolo Mieli su Risorgimento e antirisorgimento.
Per analizzare il risorgimento italiano Mieli ha evidenziato le reazioni che questo ha suscitato negli italiani nei vari anniversari significativi evidenziando come solo di recente è possibile parlare serenamente di questo tema senza suscitare dibattiti irrisolvibili; socialisti e cattolici nel 1911 con comunisti e repubblicani poi nel 1961 hanno sempre avuto modo di ridurre l’enfasi sui festeggiamenti di questo importante anniversario senza mai riuscire a trovare una sintesi per un’Italia unita.
Solo negli anni 90 le cose sono cambiate grazie al lavoro di Scalfaro, Ciampi e Napolitano che hanno voluto richiamare forte l’attenzione su questo importante tema dando agli storici il coraggio di parlare serenamente di risorgimento e antirisorgimento.
Con una minuziosa ricostruzione storica Mieli ha evidenziato come i rapporti fra cattolici e risorgimento siano stati sempre in contrasto: dal Napoleone del triennio giacobino alle guerre d’indipendenza fino alla scomunica di Pio IX per chi andava a votare, le reazioni dei cattolici al risorgimento sono cambiate nel tempo fino a diventare di netto contrasto.
Nelle parole dello storico si è potuto scorgere un certo debole per la figura di Mazzini che a suo dire deve essere rivista, nel giudicare qualche suo fallimento strategico, tenendo conto della sua solitudine in esilio e degli agenti provocatori e degli “invasati†da cui era circondato: sfrondato da tali fattori, esogeni alla sua figura, il Mazzini si rivela una figura mite capace per primo di vedere con passione l’Italia unita.
Ora possiamo parlare di questi argomenti come questioni risolte a differenza di 50 anni fa grazie al lavoro di tante persone a cui un giorno dedicheremo piazze non meno meritate di quelle intitolate a Mazzini e Cavour perché hanno restaurato una storia fatta di chiaroscuri e “finchè non si raccontano tutti i chiaroscuri, una storia non può essere condivisaâ€.


L’Italia di Francesco De Sanctis


La cultura davanti al potere: estremisti, moderati ed eretici

 

Per conoscere il pensiero politico dei giorni nostri, è importante conoscere i pensatori, italiani e internazionali, che ci hanno preceduto e apprendere l’eredità che ci hanno lasciato.
Oggi, alla Cavalerizza Reale, in via Verdi 9 a Torino, Franco Sborberi, professore di Filosofia politica, ha coordinato un incontro con quattro docenti di diverse discipline e Università italiane, che ci hanno esposto il pensiero di quattro personaggi importanti della storia del pensiero politico.
Francesco Tuccari, Professore di Storia delle Dottrine Politiche a Torino, ci ha parlato di Robert Michels, sociologo e politologo tedesco che, per primo, introduce la questione dell’oligarchia e della sua legge ferrea. Michels cerca di dimostrare in maniera definitiva come le tendenze dell’oligarchia costituiscano una legge delle organizzazioni umane, e lo fa studiando la struttura interna dei partiti socialisti in cui ha militato. Egli nota che c’è una tendenza verso questo sistema di governo in tutti i gruppi umani. Ogni organizzazione, anche se si espande nel tempo, nasce da un piccolo numero di persone. Il nucleo deve prendere decisioni efficaci ed efficienti, in breve tempo e non può sempre discutere su tutto con tutti i membri dell’organizzazione. Questo porta inevitabilmente a un’oligarchia. Anche la figura del leader è stata analizzata da Michels. Il risultato è che le masse sono apatiche, disinteressate al potere e, quindi, hanno bisogno di un leader. Quest’ultimo, a sua volta, non si vuole più separare dal potere. Michels afferma, quindi, che le democrazie contemporanee sviluppano tendenze oligarchiche che non possono essere superate.
Simona Forti, docente del Pensiero Politico Contemporaneo, espone, invece, il pensiero di Foucault. Quest’ultimo ci propone due tipi di intellettuali: quello universale e quello specifico. Il primo è il detentore di verità, conosce ciò che è giusto. Gli si contrappone il secondo, quello specifico, affermando che egli non deduce verità universali, ma che è consapevole che essa è prodotta da molteplici costrizioni. Parla di politica e fa politica.
In campo politico, l’eredità più importante che lasciata da Foucault è quella della possibilità di dislocare il potere, di cercarlo non solo nello Stato, ma nell’intero campo delle relazioni umane. Non va considerato solo come potenza del divieto, ma anche come qualcosa di positivo, come un’opportunità.
Alessandro Campi, docente di Storia all’Università di Perugia, ha portato il suo contributo esponendo il pensiero di Carl Schmitt, giurista e filosofo politico tedesco.
Schmitt era consigliere tecnico giuridico della Repubblica di Weimar, che voleva, proclamando lo stato d’emergenza, eliminare dallo scenario politico i comunisti e i nazisti. Con questi finì per allearsi, prima che mostrassero la loro forza militare e le intenzioni stragiste. Dal 1936 si staccherà però da questa corrente, perdendo i suoi ruoli nelle diverse cariche pubbliche, ma restando docente universitario. Dopo la II Guerra Mondiale, inizia a interrogarsi sulla natura del potere e sulla sua ascesa. Inizia per lui un’elaborazione della sua militanza nel partito nazista, chiedendosi che ruolo debba avere un intellettuale nei meccanismi del potere.
L’ultimo intervento è stato quello di Mario Dogliani, professore di Diritto Costituzionale, che ha proposto il pensiero di Hans Kelsen, giurista austriaco.
Kelsen scrisse diverse opere. Una delle più importanti è “La dottrina pura del dirittoâ€. L’aggettivo “puroâ€, essenziale per capire l’intero pensiero di Kelsen, sta a indicare una dottrina né ideologica né empirica. Secondo Kelsen era necessario separare il diritto dalla natura da un lato, e dalla morale e dalla politica dall’altro. Kelsen arriva quindi alla conclusione che solamente se vengono attuate queste due separazioni si può ottenere una dottrina pura del diritto. Kelsen ci spiega, inoltre, che il diritto è un fatto sociale, un fenomeno che vive all’interno della società.