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Luciana Littizzetto: Dante e la scuola

“Insegnare Dante a scuola? Si deve e si può”. Parola di Luciana Littizzetto ai nostri microfoni dopo lo spettacolo di Roberto Benigni.


Sergio Chiamparino: il benvenuto ai giovani di Biennale Democrazia

Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, dà il benvenuto a tutti i giovani che hanno deciso di prendere parte a Biennale Democrazia


Le parole della politica nell’era del Grande Fratello

Gian Luigi Beccaria apre la conferenza parlando di un Italia dove non si pensa più insieme, ma contro, dove i politici distruggono il programma degli altri invece che costruire il proprio, dove, citando Zagrebelski, il politicamente corretto è diventato il dileggio.

La neolingua della politica che da il titolo all’incontro è una lingua arricchita di parole popolari, registri informali. Solo alcuni tra gli esempi: “Non arrivare alla fine del mese†“ Tirare per la giaccaâ€

Sempre più frequente, poi, è l’utilizzo di parole “sottilmente perverseâ€, sia a sinistra che a destra: “Mettere le mani nelle tasche degli italiani†è un’espressione che descrive un cittadino che non si sente partecipe del bene comune pagando le tasse, anzi deve difendersi. Ed è sempre in quest’ottica che viene utilizzato il termine scudo fiscale, che rimanda alla protezione da uno Stato nemico. Lontane sono le parole di Padoa Schioppa “che bello pagare le tasseâ€.

Sono passate anche le espressioni prudenti della Dc: cauta sperimentazione, progresso nella continuità, fino all’estrema convergenze parallele. O le parole tipiche del sinistrese: portare avanti la lotta, presa di coscienza,  impegno teorico, crescere nella prassi, far esplodere la contraddizione.

Con la Seconda Repubblica il linguaggio politico deve essere capito dalla gente, si deve lasciare perdere ogni formalismo, a trionfare è il vivace e il popolaresco, il cosiddetto gentese. Ma la semplificazione in politica non è sempre sintomo di sincerità e trasparenza: la necessità di persuadere può portare a un uso spregiudicato della parole, si pensi all’uso di termini come comunismo, democrazia, liberismo, libertà.

Diceva Agostino: “il linguaggio non è fatto per ingannare, ma per portare a conoscenza degli altri i propri pensieri.â€

È proprio questo utilizzo distorto della parole che può rovinarle per sempre. Le parole con cui si è mentito molto possono diventare false. Si pensi al nazismo che ha utilizzato visione del mondo, spazio vitale, soluzione finale: è ora impossibile ripulirle del sangue e della sporcizia.

Oggi con la tv a venire sfruttata è l’ossessiva ripetizione della parole, che vengono assimilate dagli spettatori.

Questa deriva del linguaggio guidata da Berlusconi e dal partito dell’amore, ha trascinato anche la sinistra.

Vittorio Coletti con il suo intervento si chiede se in questo momento nel nostro Paese sia possibile usare una lingua neutra, civile, misurata.

Attraverso alcuni articoli sul Corriere della Sera di De Bortoli, Battista, Franco, Coletti sottolinea la ricerca di una neutralità che però si percepisce più nella forma che nei contenuti. Sembra davvero difficile un discorso politico pacato in un Paese che vede contrapposte due parti in quella che Curzio Maltese definisce una guerra civile fredda . Tra talk show aggressivi e opinionisti esasperati pare lontano un dibattito civile e rispettoso.

Ma la speranza è che la politica italiana sappia riappropriarsi di un linguaggio adeguato, che rappresenti il dialogo e il confronto.

Alice


I Mosconi Live@Biennale Democrazia con Serena

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Il concorso dei gruppi

Qui ci sono le foto del concorso dei gruppi, sezione “costruisci il tricolore più originale”.


“bd 2011†un simbolo per la giovane democrazia

 

Il miracolo di ciò che sta avvenendo è anche merito dei cittadini: hanno capito al meglio lo spirito dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unita d’Italia.

È per sottolineare lo spirito di unità che i cittadini di Torino, e non, hanno deciso di partecipare attivamente alla condivisone di quei valori propri del nostro Paese. È importante essere consapevoli del proprio impegno e della propria storia: il passato è vivo e ci insegna come procedere nella costruzione di un futuro migliore per noi e per gli altri.

Così Gustavo Zagrebelsky ci introduce ai simboli della politica, facendoci notare come il nostro mondo e il nostro modo di vivere sia carico di significati intrinsechi – per noi scontati – ma che vanno analizzati comunque con occhio critico.

 

I simboli sono ovunque, la Costituzione e le istituzioni stesse sono simboli, simboli politici: simboli che trascendono il singolo, nessuno se ne può appropriare, quindi non appartengono a nessuno in particolare, quindi appartengono a tutti. Mancare di rispetto ad un simbolo vuol dire influenzare negativamente tutta la società, soprattutto se a farlo sono personaggi da prima pagina. Tanto più sono onorate le istituzioni e le leggi ogni giorno da ognuno di noi, tanto più lo saranno nel futuro; tanto più saranno disprezzate e violate, tanto più disdicevoli saranno le conseguenze.

È quindi necessario considerare il ruolo attivo e di primaria importanza dei simboli e ricordarsi di non farli diventare gli schiavi del potere politico ed economico. Concederli ad un uso inappropriato porta inevitabilmente al totalitarismo e ad un popolo indottrinato e privo di valori; la personificazione del simbolo porta le persone ad affidarsi ad un solo individuo e, di conseguenza, all’annullamento di se stessi e della società democratica e repubblicana.

A seguire è stato inaugurato l’Alambicco, installazione di Acmos realizzata per Biennale Democrazia. Un’opera simbolica che testimonia il percorso di riflessione sui principi democratici che gli studenti hanno affrontato nell’ultimo anno.

Alla presenza dei 400 studenti coinvolti nel Campus di Biennale Democrazia, il Teatro Regio è stato illuminato da cento lanterne, simbolo dei valori e degli ideali democratici irrinunciabili, da cui discendono i comportamenti che generano le buone pratiche quotidiane. Il nostro Alambicco distilla la partecipazione e le idee in un concentrato di Diritti, Eguaglianza, Rappresentanza. Questo è il Succo della Democrazia, frutto d’un processo sociale complesso, che trova nell’acqua il suo simbolo naturale.


“Teniamoci i nostri simboli, alimentiamo lo spirito pubblico.

Questo è il compito di Biennale Democrazia.†[G. Z.]