Un progetto di

Partner


La mappa del potere in Italia: chi realmente ci governa?

Al Teatro Gobetti di Torino, il professor Tito Boeri dell’Università Bocconi e Gianni Dragoni, giornalista de “Il Sole 24 ore”, moderati da Lorenzo Fazio, uno dei fondatori de “La Voce”, hanno illustrato i problemi che l’Italia vive dal punto di vista economico.
L’economia italiana da molto tempo non cresce più, non riesce a rinnovarsi e i due ospiti hanno provato a spiegarne il perché.
Boeri ha definito le due classi che, nel nostro Paese, governano l’Italia: la classe politica e la classe manageriale. Entrambe costituiscono la classe dirigente, classe che potrebbe far lievitare la nostra economia, che potrebbe far uscire l’Italia dal pantano.
Illustrando le caratteristiche della classe politica, emergono dati interessanti: ogni parlamentare riceve, come base, uno stipendio di 160 mila euro. Lo stupore cresce quando, a questo dato, Boeri ne accosta altri degni di nota. Innanzitutto, in Italia, solo i due terzi dei parlamentari sono laureati, mentre negli Stati Uniti, i dottori sono quasi la totalitĂ . Inoltre, questa percentuale, a casa nostra, sta costantemente diminuendo.
Continuando a paragonare la nostra situazione con quella degli Stati Uniti, emergono altre differenze: negli USA non sono previsti stipendi extraparlamentari, mentre in Italia sì. In più, se nella metà degli anni ’80 i membri del Congresso guadagnavano di più dei nostri parlamentari, quest’ultimi, dal 1985 in poi, sono riusciti ad aumentare il proprio stipendio, superando così gli americani.
Un altro dato che appesantisce la situazione è quello del numero delle poltrone del nostro Parlamento: sono troppe, afferma il professor Boeri. 952 su oltre 60 milioni di abitanti. Siamo il paese, tra le democrazie di tutto il mondo che, ha la classe politica proporzionalmente più numerosa.
Oltre a un costo, forse eccessivo, per le finanze del nostro paese, avere molti parlamentari non permette un’accurata selezione e rende più complessa ogni decisione.
Parlando poi della classe manageriale, il quadro che propone il professore non è dei più confortanti: in Italia, più che negli altri paesi europei, è possibile essere assunti dalle grandi imprese solo tramite canali informali, soprattutto tramite legami familiari.
Questo porta a delle conseguenze: non c’è una giusta selezione e, inoltre, se il manager non lavora come dovrebbe e non raggiunge gli obiettivi dell’organizzazione, non viene comunque licenziato, perché “di famiglia”.
Un altro elemento da non trascurare è la modalità con cui i manager italiani utilizzano il loro tempo: nell’arco di una settimana, in media, un manager occupa più di una giornata lavorativa con un politico o un membro della sfera pubblica.
Molti manager entrano anche nella sfera politica, quasi il 25%. Questo porta a un problema serio: non c’è infatti una buona selezione nella scelta, né del politico né del manager.
Come si può ridurre questo problema? In che modo è possibile cambiare questo sistema chiuso e autoreferenziale?
Innanzitutto – propone Boeri – bisogna ridurre il numero dei parlamentari e optare per diverse leggi elettorali. Inoltre, continua il professore, le imprese si devono “internazionalizzare” di piĂą: restando sempre a gestione familiari, non permettono l’entrata di capitale straniero. Non c’è contendibilitĂ : le imprese maggiormente internazionalizzate sono invece le piĂą efficienti.
Come ultima proposta, Boeri sottolinea la divisione delle carriere: chi fa parte del mondo politico non può far parte anche di quello manageriale, e viceversa. Questo intreccio eccessivo è alla base dei nostri problemi economici.
Anche Dragoni si accoda alle affermazioni del professor Boeri: il capitalismo italiano è caratterizzato da relazioni, il merito è poco preso in considerazione.
E’ un piccolo mondo che non cresce.
Durante il dibattito una studentessa di Economia e Commercio si è alzata chiedendo al professor Boeri: “Ma se questo è un sistemo chiuso, basato solo sulle conoscenze e non sul merito, che spazio avremo noi giovani?”
Boeri ha ammesso che è un sistema difficile da cambiare, ma è comunque possibile: il consiglio è quello di impegnarsi, di studiare e perseverare, ma prima di tutto, intervenire in tutti i campi, soprattutto nell’ambito pubblico, l’ambito delle nostre istituzioni.

 


Leave a Reply

(required)

(required)